Caro Liverpool,
Partiamo da un presupposto: ti ho amato, ti amo, ti amerò. Anche solo perché oggi mi hai mostrato l’essenza più pura del Calcio. E sì, l’ho visto davvero. E probabilmente, l’ha visto anche chi in questo momento soffre da matti, chi manderà giù troppe birre per dimenticare una serata che definirla amara sarebbe riduttivo, forse superfluo, di sicuro d’un bastardo cronico. Il dio del futbol non aveva probabilmente nient’altro di meglio da fare, caro Liverpool. Pare si sia seduto comodo su una delle tante nuvole che accerchiavano Anfield, che abbia accavallato le gambe, che si sia rilassato sdraiandosi sui nostri pensieri, sulle nostre paure, sulla nostra ansia.
E che fortuna, caro Liverpool. Che fortuna se ha deciso che sia questa banda qui, quella per cui batte il nostro cuore, a dover entrare nuovamente nella storia. E che poi debba farlo a suo modo: da pazzi, senza speranza e senza storia. Ma con infinito merito.
Ha deciso che Klopp dovesse fare uno degli scherzi più belli della sua carriera proprio in questa serata particolare, al limite del paranormale. Ha deciso che dovesse andare contro cuore, contro la gente per cui ha amato, combattuto. Per cui s’è incazzato, e non sai quante volte. Per cui stasera, oltre all’estrema gioia di una qualificazione raggiunta all’ultimo, prova un brivido di dispiacere in un angolo di cuore: che per quelli lì, un posto ci sarà sempre.
Caro Liverpool, ho visto il muro piangere, la Kop infiammarsi: ora il tuo rosso acceso si fa elettrico. Si compone di tutti i colori del mondo, a partire dallo strano biondo dei capelli del maestro Jurgen, di ogni suo abbraccio ai vecchi giocatori, di ogni pacca sulle spalle ai suoi ragazzi. Si fa del sudore misto alle lacrime di chi ce l’ha fatta, dello sguardo incredulo di Lovren incapace d’intendere e di volere qualcosa di più importante, di più grosso, di più appagante. Probabilmente, mai così immerso nel calore e nell’emozione di migliaia di uomini che cantano di tutto. Forse ubriachi, chissà quanto lucidi, sicuramente innamorati.
Chi se ne importa, a chi può fregare adesso, caro Liverpool? You’ll never walk alone risuona nella mia mente come la vecchia filastrocca delle elementari: e io sono lì, sulla sedia, ad urlarla a squarciagola. È il mio momento, ho lavorato tanto per questo, ho penato e sofferto, ma ci sono. Caro Liverpool, ci sono. E sono a tanto così dal dichiarare il mio amore smisurato a te, caro Liverpool. Che in una banale sera d’aprile m’hai regalato un sogno impregnato di realtà. Che in un giorno come tanti, m’hai ricordato perché il calcio non mi lascerà mai solo.
Cadere a terra, rialzarsi, lottare. Vincere. Nonostante tutto. Ecco cosa m’hai insegnato, caro Liverpool. Grazie di tutto. E al prossimo sogno, a tinte reds come il mio cuore.
Cristiano Corbo
This post was last modified on 15 Aprile 2016
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